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«Il confine indica un limite comune, una separazione tra spazi contigui: è anche un modo per stabilire in via pacifica il diritto di proprietà di ognuno in un territorio conteso. La frontiera rappresenta invece la fine della terra, il limite ultimo oltre il quale avventurarsi significava andare al di là della superstizione contro il volere degli dèi, oltre il giusto e il consentito, verso l’inconoscibile che ne avrebbe scatenato l’invidia. Varcare la frontiera, significa inoltrarsi dentro un territorio fatto di terre aspre, dure, difficili, abitato da mostri pericolosi contro cui dover combattere. Vuol dire uscire da uno spazio familiare, conosciuto, rassicurante, ed entrare in quello dell’incertezza. Questo passaggio, oltrepassare la frontiera, muta anche il carattere di un individuo: al di là di essa si diventa stranieri, emigranti, diversi non solo per gli altri ma talvolta anche per sé stessi».
Piero Zanini – I significati del confine.

Borders è una selezione competitiva nata dalla collaborazione tra Lago Film Fest e Concorto Film Festival, pensato come momento per riflettere, attraverso la rappresentazione cinematografica, su un concetto ricorrente nel dibattito contemporaneo e spesso difficile da definire: il concetto di confine. La parola confine è sempre più associata a termini quali conflitto, paura, esclusione, straniero. In un mondo che negli ultimi decenni si è trasformato rapidamente sull’onda velocissima della globalizzazione, sembra di assistere oggi a un brusco cambio di rotta: l’ideale universalistico di una federazione di Stati che aboliscano i confini che li separano per perseguire interessi comuni appare ovunque in crisi, messo in discussione da (spesso nefaste) rivendicazioni identitarie.

La riflessione che vi offriamo nasce dal nostro punto di vista: siamo due festival di cortometraggi e di arti visive, nostro compito è offrire una pluralità di visioni e di interpretazioni della parola confine, sconfinando, appunto, nel cinema, nella grafica, nella geopolitica surreale.

BORDERS WORKSHOP di makethatstudio
di Lago Film Fest
Dal concetto di confine prenderà le mosse il lavoro di un team di artisti presenti a Lago Film Fest nei giorni del Festival: nel corso di un workshop ad hoc, riflessioni e interpretazioni sul tema prenderanno corpo in una serie di elaborati artistici che saranno rivelati ad agosto, nel corso della prossima edizione di Concorto Film Festival. Immaginando di trovarsi nel 7102 d.C., in un’Europa geograficamente e politicamente assai diversa da quella attuale, i partecipanti del workshop saranno invitati a ridisegnare la geografia del continente europeo e a progettare le bandiere degli Stati presenti, esaltandone valori, storia e caratteristiche. Un twist eccentrico al concetto di confine, curato da makethatstudio in collaborazione con Concorto.

BORDERS – LA SELEZIONE
di Concorto Film Festival + Lago Film Fest

Gli obiettivi di BORDERS sono essenzialmente due; il primo quello di esplorare il concetto di confine come sintomo di una trasformazione contemporanea, quella che riguarda l’apparente abbandono da parte degli Stati di una tensione verso una globalizzazione politica, abbandono che ha lasciato il posto a rivendicazioni nazionalistiche rese più potenti dal flusso sempre più consistente dei migranti.

Il secondo obiettivo è quello di raccogliere film che sappiano declinare il tema del confine senza retorica e con un linguaggio narrativo e visuale innovativo. Ne è nata una selezione di dieci cortometraggi-documentari che affrontano il tema utilizzando vari registri narrativi con scelte visive non convenzionali.  Molti di questi documentari brevi trattano la questione delle migrazioni contemporanee, altri si spostano dall’analisi socio-politica e si concentrano su declinazioni più marginali, come il film MAKHNO, che tratta del confine geografico come vera entità trasformativa dell’uomo e della sua cultura o come NO MAN’S LAND che indaga lo spazio neutro tra la vita e la morte, spazio qui rappresentato dagli ambienti ovattati in cui si svolgono i preparativi del rito funerario. INITIATION è invece un’indagine realizzata in terra africana laddove il passaggio tra infanzia ed età adulta è ancora sancito dal rito.

Anche gli autori e le autrici di opere dove è più chiaro il riferimento alle migrazioni e ai conflitti, scelgono di addentrarsi nella tematica da angolature specifiche come BEAUTY OF A STATELESS MIND, una vera celebrazione dell’istinto creativo come impulso che porta con sé la conservazione dell’umanità o come MANY MORE REASONS un racconto di viaggio narrato da un protagonista mai visibile, viaggio scandito dalle immagini di un territorio che è stato lo scenario stesso della migrazione.

La selezione prosegue con DON’T COME TO EUROPE che utilizza un montaggio alternato Europa/Africa per sottolineare la distanza della percezione e delle speranze che animano persone distanti non solo geograficamente, e con FROM THE OTHER SHORE che narra di un delicato rapporto epistolare, un’unione tra due solitudini, tra due modi differenti eppure simili di vivere la vita in terra straniera. MERYEM ci porta sul fronte di guerra in Kurdistan dove alcune donne soldato vivono la quotidianità del conflitto all’interno di un gruppo in cui l’unione e la sorellanza danno forza e speranza. THE TEMPTATION OF FORTRESS racchiude in questo efficace titolo l’accurata indagine (storica, sociale, urbanistica), eseguita dall’autore, delle pulsioni di conquista e ricostruzione di un Paese. L’animazione è presente in Borders con 489 YEARS, un cortometraggio che ci conduce in una celeberrima terra di nessuno, lo spazio tra le due Coree che non è solo un’area geografica; nella visione dell’autore la zona assume contorni irreali, favolosi, come se il confine, in questo caso, si fosse trasformato in una lussureggiante trappola naturale.

I FILM
489 YEARS, di Hayoun Kwon, Francia
Meryem, di Reber Dosky, Paesi Bassi
Beauty of a Stateless Mind, di Lutia Swan-Hutton, UK
Makhno, di Sandro Bozzolo, Italia
Do not come to Europe, di Lundberg Minna/ Pousette Hanna/ Joneström Pontus, Svezia
No Man’s Land, di Asfaneh Salari, Portogallo/Iran
Initiation, di Teboho Joscha Edkins, Germania
The temptation of fortress, di Martina Magri, Francia
Many more reasons, di Clément Postec, Francia
From the other shore, di Jean-Claude Banys, Francia

BORDERS – LA GIURIA

Gianni D’Amo
Gianni D’Amo è nato a Milano nel 1953 e vive a Piacenza dal 1968. È insegnante di storia e filosofia. Ha partecipato attivamente, già in giovanissima età, agli anni della contestazione studentesca e giovanile. Tra la fine degli anni Settanta e i primi Novanta, ha collaborato a diversi giornali e riviste della sinistra extraistituzionale. Nel 1991 ha contribuito, con il direttore Amedeo Anelli e altri, alla fondazione di Kamen’ – Rivista di poesia e filosofia, del cui Comitato di redazione fa tuttora parte.
Lettore interessato a quello che dicono i libri, saltuariamente anche ne scrive: nel 2008 ha pubblicato: Il saggismo morale di Bellocchio e L’ombra lunga della guerra. Intervista a Guido Crainz (in Aa. Vv., Letteratura e critica 2007-2008, a cura di Alfonso Berardinelli, Libri Scheiwiller); nel 2012 La società dello spettacolo. Il libro e la cosa, in “Città in controluce” n. 21-22 (giugno 2012).
Claudia Losi
Claudia Losi (Piacenza, 1971). Dopo avere concluso gli studi presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere e all’Accademia di Belle Arti a Bologna, alterna periodi di studio e vita in Italia e all’estero.
Tra le mostre personali recenti ricordiamo Asking Shelter, Galleria Monica De Cardenas, Milano (2017); How do I imagine being there?, Collezione Maramotti di Reggio Emilia;  About Proximity, Weaving & We, Second Hangzhou Triennial of Fiber Art, Hangzhou, China; What My Shape Says, performance commissionata da Marina Rinaldi, Teatro Arsenale, Milano (2016). Nel 2015 Concha de Amor, performance, in occasion of Livorno in Contemporanea, Livorno. Nel 2012 e 2010 ha esposto a La Maréchalerie di Versailles, al Museo MAXXI di Roma e al MAGASIN di Grenoble, alla Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano, alla Royal Academy di Londra. Nel 2008 ha presentato mostre personali al Museo Marino Marini di Firenze, allo Stenersen Museum di Oslo e all’Ikon Gallery di Birmingham. Nel 2007 ha partecipato alla Sharjah Biennial 8 negli Emirati Arabi Uniti. Dal 2004 (e ancora in corso), ha sviluppato il progetto Balena Project: il racconto mitico di una balenottera comune realizzata in stoffa di dimensioni reali, che ha viaggiato per il mondo coinvolgendo persone e immaginari ad ogni suo passaggio.
Tomás Sheridan
Tomás Sheridan ama raccontare storie globali attraverso storie locali. I suoi documentari, dalle coproduzioni internazionali ai piccoli progetti fatti per passione, hanno girato i festival di tutto il mondo, spesso vincendo premi e riconoscimenti. Alcuni dei suoi lavori sono stati acquisiti e/o prodotti da canali TV dei quattro continenti. Nato e cresciuto a Torino, Tomás ha studiato cinema a Edimburgo, in Scozia, dove lavora tuttora sotto lo stendardo della sua casa di produzione, la Polifilm Media, che ha lo scopo di produrre documentari che presentino nuovi punti di vista allo spettatore. Negli ultimi anni l’impegno sociale della compagnia ha oltrepassato lo schermo: attraverso l’insegnamento del linguaggio audiovisivo e delle tecniche narrative, la Polifilm ha raggiunto persone di tutte le età e origini, sviluppando autostima, lavoro di squadra e conoscenze tecniche e creative che hanno aperto a molti le porte sul mondo del cinema. Tomás trova stranissimo scrivere di sé in terza persona.