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È tutt’ora in corso, nel reparto Malattie infettive dell’ospedale di Piacenza, un progetto sperimentale che si colloca all’interno delle “social art practices”, dove l’idea artistica si mette al servizio del sociale. L’associazione Concorto, che lavora da anni nell’ambito del cinema e della fotografia, in collaborazione con l’Azienda Usl di Piacenza ha proposto e attuato The PPE Portrait Project, un’idea nata dall’artista contemporanea americana Mary Beth Heffernan.


In italiano DPI Un Progetto per Ritratti, nasce come progetto fotografico con l’obiettivo di mitigare la solitudine dei pazienti colpiti da malattie infettive.

Quando una persona è affetto da un virus altamente contagioso come il coronavirus, medici e infermieri devono prendere le necessarie precauzioni e indossare dispositivi protettivi che li rivestono totalmente, a eccezione di una fessura dalla quale si intravedono gli occhi. Dalla prospettiva del paziente, non vedere il viso di nessuno per giorni e giorni, non riconoscere nemmeno lo staff che lo cura, tutto questo può determinare un’esperienza di grande isolamento e solitudine.


Mary Beth Heffernan è docente all’Occidental College di Los Angeles nonché affermata artista contemporanea: le sue opere sono incluse all’interno di numerose collezioni sia private sia pubbliche. Da anni lavora nell’ambito della fotografia, in specifico sul ruolo che questo medium ha nella formazione delle nostre identità e di come questo potente strumento interagisce all’interno della cultura contemporanea. Proprio all’interno di questa personale ricerca artistica è nato PPE (personal protection equipment) Portrait project.

Nel 2015, durante una terribile epidemia di Ebola, Heffernan ha elaborato questa idea, apparentemente semplice ma allo stesso tempo geniale, per aiutare i pazienti a sentirsi più uniti ai loro operatori sanitari. Munita di macchina fotografica, si è recata in Liberia al The Ebola Treatment Units e ha scattato dei ritratti sorridenti dello staff medico applicando poi le fotografie sulle loro uniformi, proprio sopra il cuore “a indicare che la cura è offerta con il cuore”.

“Prima di scattare le foto, ho chiesto ai medici e agli infermieri di sorridere e doveva essere lo stesso sorriso che avrebbero voluto regalare ogni giorno ai loro pazienti”. I benefici di questo progetto sono stati notevoli perché le persone, staff e degenti si sono sentite più uniti e quindi più forti nell’affrontare la malattia. Non sorprende che il PPE Portrait Project siaritornato in auge nel 2020 durante la pandemia di Covid19, diffondendosi in numerosi ospedali negli Stati Uniti.

L’associazione Concorto ha contattato Heffernan qualche mese fa e insieme all’Azienda Usl Piacenza le chiesto di portare il progetto anche in Italia e, in specifico, nel nostro territorio, dove l’emergenza è stata particolarmente grave e tutt’oggi il personale medico è impegnato nella cura di pazienti affetti dal virus.


Il progetto a Piacenza si è svolto in due fasi; nella prima è stato allestito un vero e proprio set all’interno dell’ospedale, dove il fotografo Daniele Signaroldi, con l’aiuto di Chiara Granata e Francesca Ferrari, ha ritratto 41 operatori sanitari tra medici, infermieri e operatori socio sanitari che operano nel reparto Malattie infettive. Le foto sono state graficamente impaginate da Giulia Ripa e stampate su una carta adesiva molto resistente affinché potessero essere collocate all’esterno dei dispositivi di protezione individuale (DPI). Nella seconda fase, quasi mille scatti adesive sono stati consegnati al personale sanitario che le sta attualmente utilizzando, verificando in che modo questo nuovo modo di vedere il volto dei sanitari potrà migliorare la vita dei pazienti ricoverati.

Se è vero che l’emergenza sembra passata, è anche verosimile che gli attuali DPI in uso all’interno dei luoghi di cura saranno mantenuti per lungo tempo; PPE Un progetto per Ritratti potrà così essere uno strumento utile anche al di fuori di questo periodo, nelle situazioni quotidiane in cui ci sono pazienti in cura e sanitari che, per proteggersi,  sono costretti a coprirsi il volto.

“Siamo costantemente alla ricerca di idee – evidenzia Luca Baldino, direttore generale Ausl piacenza – che possano accorciare le distanze tra pazienti e operatori sanitari e abbiamo potuto constatare direttamente come l’uso inevitabile dei dispositivi di protezione abbia limitato nei mesi scorsi un contatto più umano con chi stavamo assistendo. Penso che poter osservare un volto, gli occhi o il sorriso di chi ti sta curando, sia un insostituibile valore aggiunto alla cura clinica”.
“Nel corso dell’emergenza – aggiunge Claudia Praolini (Concorto) – ci siamo interrogati su come un’associazione come la nostra potesse dare un contributo; ci interessava farlo rimanendo nel nostro campo d’azione, che sono le immagini. Quando abbiamo conosciuto il progetto PPE Un progetto per Ritratti abbiamo pensato che potesse essere un buon modo per applicare concretamente un’idea artistica con una grande valenza sociale. Questo concetto d’altronde è alla base di tutto il nostro lavoro; più che intrattenimento, attraverso il cinema e le altre attività culturali, Concorto mira a essere uno strumento di socialità e aggregazione, un luogo dove si promuove il pensiero libero e la riflessione sulle complesse tematiche del mondo contemporaneo. Non è un caso che l’idea di questo progetto arrivi da un’artista contemporanea; oggi più che mai gli artisti sono coloro che, attraverso la loro ricerca, riescono a indagare meglio le contraddizioni del nostro presente e a indagare le potenzialità di un mezzo, in questo caso la fotografia, che ancora oggi sfugge a una definizione precisa della sua natura, una natura molto collegata alla realtà e allo stesso  tempo connessa con la parte simbolica più profonda dell’essere umano, un essere che pensa, sogna e desidera attraverso le immagini”.